La prima volta in Tailandia ero un pischello ventenne e fu per vacanza. La Muay Thai a primo impatto non mi piaceva affatto rispetto al mio full contact! Non capivo quella guardia aperta, non capivo affatto il clinch e a dirla tutta mi annoiavano a morte i primi 2 round. E poi quando capitava il 5 round in cui gli atleti giravano sul ring, il mio cervello andava in tilt. 
La cosa che mi rimase impressa in mente fu il modo di viverla dei tailandesi. ‘Nak Muay’ (นักมวย) non significa propriamente ‘Lottatore’. Come “Nak dntrī” ( นักดนตรี ) non si dice per uno che suona la chitarra, ma solo quando si parla di un musicista che suona di professione. Nulla a che vedere con il termine di ‘professionista’ così come usato in Europa. Essere professionista qui significa una cosa sola: che con quel lavoro ci vivi e ci fai vivere la tua famiglia. Questa cosa mi rimase in testa anche quando tornai in Tailandia ed iniziai ad allenarmi nei camp cercando di capire la vita da Nak Muay.
Vent’anni dopo mio figlio Mathias, che allora aveva 12 anni, saliva per la prima volta sul ring contro un tailandese. Un match sui 5 round in uno stadio tailandese e ovviamente come consuetudine in Tailandia senza protezioni e con uso dei gomiti.
Ora dopo più di 15 anni in Tailandia, che vivo immerso completamente 366 giorni all’anno e 25 ore su 24 in questo ‘fetentissimo’ mondo della Muay Thai, ho ancora ogni giorno tanti dubbi e tante cose che mi sfuggono. Tuttavia, credo di esserne così tanto immerso da poter dipingere un quadro senza dubbio più chiaro di quando avrei potuto fare 38 anni fa!
Guardate negli occhi un Nak Muay che si sta preparando a salire sul ring del Lumpinee come dell’ultimo degli stadi di campagna di una provincia sperduta del “Isaan” (Nord-Est della Tailandia). La sua espressione serena e pacata è la stessa, sta lavorando esattamente come l’idraulico che apre la borsa con i ferri per sturavi il lavandino. Entrambi hanno lo stesso sorriso, un sorriso cortese ma non rilassato, perché sono lì per lavorare! Sin dalla prima volta che sono entrato in uno stadio, ho notato immediatamente quella “cosa speciale”. Ci sono cosa ovvie, come un fisico adatto al combattimento o un talento naturale. Ma quello che ti rapisce della Muay Thai è molto più sottile e arriva più in profondità. Non puoi dirlo esattamente, forse è il modo in cui si muovono sul ring, quell’innata forza d’animo o quell’intensa scintilla nei loro occhi. Poi c’è quello che fa la differenza tra un giovane Nak Muay e un futuro campione: cioè il suo potenziale!
Riuscire a cogliere il potenziale è qualcosa per pochi, diciamo, fortunati!
Nella sola Thailandia, fino al 2019 si contavano più di 65.000 Nak Muay, ossia combattenti professionisti. La maggior parte dei quali arriva dalla povertà, ed è disposto a tutto pur di ottenere un lavoro che gli consenta di mantenersi e mandare soldi a casa ai suoi genitori e fratelli.
Dagli anni 70 fino ad oggi, sulla scena Tailandese apparvero i combattenti stranieri, che i tailandesi chiamano ‘Muay Farang’ . Prima gli Olandesi e i Francesi iniziarono a sfidare i Tailandesi in casa loro con rivincite in Europa. Poi inizio l’era dei pionieri ‘farang’ che venivano in Tailandia a vivere nei camp per emulare i Nak Muay di casa. Il film Chok-Dee del 2005, raccontava la storia di uno di questi, il Franco-Algerino Dida Diafat. A differenza deli olandesi che volevano imporre la loro scuola con il dominio sul ring sui tailandesi, i francesi e poi di seguito tutti gli altri ‘farang’ cercarono di immergersi nella cultura tailandese della Muay Thai, vivendo nei camp e cercando di combattere con lo stesso stile e secondo quanto appreso dalla scuola Thai.
Ad oggi il livello dei ‘Nak Muay Farang’ che vivono stabilmente in Tailandia è cresciuto al punto tale che, anche nelle sfide ai massimi livelli, l’angolo rosso viene assegnato all’atleta ‘farang’ e questo significa che è favorito per gli scommettitori oltre che per il match-maker.

Nel 2021 è iniziata quella che i Tailandesi hanno definito l’era ‘New-normal’. Questa nuova normalità, post pandemica, ha portato delle novità. Al fine di rendere il settore più redditizio e per riattrarre a sé Nak Muay giovani, che a seguito della chiusura degli stadi durante la pandemia covid avevano cambiato lavoro per riuscire a campare.
I Tailandesi sono un popolo abitudinario, sono bravissimi a ripetere le stesse cose all’infinito con massima dedizione. Certo affrontare dei cambiamenti repentini per loro è una novità e questo denota la loro volontà di reagire alla crisi del settore. Certo cambiare è la cosa più difficile per qualsiasi essere umano e necessita di metodo e di esperienza in merito. E’ iniziata quindi in maniera molto turbolenta l’era del cambiamento.
L’obbiettivo su cui i gestori del Lumpinee, ad esempio, si sono focalizzati, è quello di attirare un pubblico internazionale e quindi vendere gli eventi in tutto il mondo. Questo è un obbiettivo di cui si parla da dieci anni almeno, tra i primi a perseguirlo furono i proprietari del Max MT. Rendendosi conto di quanto fosse difficile, ripiegarono sul mercato interno inizialmente e poi sui turisti cinesi a Pattaya.
Quello che da sempre porta fuori strada i Tailandesi, è la convinzione che possa essere un ostacolo all’esportazione della Muay Thai il fatto che essa sia legata alle scommesse e che ciò influenzi lo scoring ed il modo di combattere.
Io ho dei serissimi dubbi su questo (ma non è importante tanto questo), ma il fatto è che gli scommettitori, seppure non sia scritto da nessuna parte, sono un contrappeso importante sulla bilancia con cui gli arbitri decidono i verdetti. Inoltre, il sistema di ‘scoring’ (punteggio) del Lumpinee, Rajadamnern e di altri grandi stadi, veniva periodicamente discusso in sede congiunta tra promoter, gestori di camp e collegi arbitrali dei vari stadi. Sempre alla presenza e con la partecipazione attiva degli scommettitori più anziani e più esperti.
Questo sistema da quasi 30 anni gode di un equilibrio ed ha regalato una certa stabilità è serenità al mondo della Muay Thai. Certo qualche lite e un paio di colpi di pistola sono stati sparati tra arbitri e scommettitori. Proprio al Lumpinee, ma poca cosa rispetto all’attentato del 1991 ai danni del promoter Klaew Thanikul, fatto preceduto da una bomba al Lumpinee e una conseguente sparatoria. La fine di Thanikul fu seguita appunto da una relativa calma e prosperità. Questo ha portato all’apparizione dei Nak Muay farang nei grandi stadi di Bangkok e a quel sistema che, con alti e bassi ha comunque generato campioni e grande spettacolo per il mondo intero. Dando lavoro a Nak Muay di tutta la Tailandia e a stranieri residenti, oltre che a camp piccoli e grandi, promoter, scommettitori e gestori di stadi. Aumentando la popolarità della Muay Thai in tutto il pianeta.
Il 2022 ha chiuso la porta del Lumpinee agli scommettitori, e generato un sistema di scoring così poco chiaro che ha provocato un incremento dei verdetti contestati, richiami ad arbitri e liti tra proprietari di camp. Tutto senza pubblico, con meno sponsor da una parte ma molti più giornalisti giovani e attenti che commentano e documentano sui social quanto accade.
Sempre il 2022 e sempre al Lumpinee si è rotta la tradizione che dalla sua fondazione escludeva le donne sia dal ring che dal bordo ring. 
Ma a questa positiva innovazione si aggiunge, io non posso che non dire ‘purtroppo’, l’apertura alle competizioni sui 3 round, con guantini da MMA e addirittura a match di MMA. Il Lumpinee era da sempre considerata la mecca della Muay Thai, la storia della Muay Thai passa per il Lumpinee.
Dopo la barbara demolizione dello storico Lumpinee (Rama IV) fare entrare le competizioni di MMA è stato uno scempio a mio avviso peggiore. 
Il fine giustifica i mezzi e se questo porterà profitto e prosperità per i Nak Muay Tailandesi, ne sarà valsa la pena.










